Come cambia il mercato degli immobili con il Coronavirus?
Bentornati sul nostro blog, che oggi vi aggiorna sullo stato del mercato immobiliare in relazione alla crisi dovuta al Coronavirus. Per comprendere la situazione attuale bisogna fare un passo indietro, in particolare al 14 maggio. Quel giorno la BCE, nel suo bollettino economico, ha annunciato la possibilità che la pandemia avrebbe provocato un calo rilevante della domanda di abitazioni, a causa delle perdite di reddito e di ricchezza. In particolare, la BCE evidenziava come l’incertezza avrebbe potuto “incoraggiare le famiglie e gli investitori a rinviare le transazioni immobiliari”. E stando alla pesante crisi dei consumi attuale, il settore delle costruzioni, con particolare riferimento all’immobiliare residenziale, potrebbe subire conseguenze molto gravi. Sempre stando alle affermazioni della BCE, si sono già manifestati notevoli problemi finanziari per le imprese edili, dovuti alla sospensione dei piani e alla chiusura dei cantieri, specie in Paesi come Germania, Italia e Spagna, dove il lockdown è stato messo in atto sin dall’inizio.
Le imprese confermano le prospettive della BCE. Infatti stando ai dati di Assimpredil Ance, Associazione delle imprese edili e complementari delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, nel 2020 i costruttori della zona temono un calo del fatturato tra il 20% e il 35%. Già a metà maggio si rilevava un portafogli ordine fermo e un calo dei permessi a costruire richiesi ad aprile, con una presumibile ricaduta sull’apertura dei cantieri dopo l’estate. Oltretutto le imprese osservavano come la produttività fosse scesa del 10-20%, a causa delle fasi di lavoro in cui applicare il distanziamento.
Ma una speranza, almeno parziale, arriva dal Decreto Rilancio: l’Ecobonus del 110% per le spese di riqualificazione energetica e per gli interventi antisismici è “sicuramente una misura importante”. Ad affermarlo è Marco Dettori, vice presidente Ance Nazionale e presidente Assimpredil Ance. In ogni caso, secondo Dettori, il procedimento amministrativo che porta al cantiere è farraginoso e c’è ancora una grande incognita sui tempi di reazione del sistema bancario. Per queste ragioni, le stime sul potenziale impatto dell’Ecobonus sono ancora in via di definizione. Senza contare che, sebbene il provvedimento potrebbe azionare investimenti privati, ha il grosso limite della scadenza al 2021 per l’ultimazione delle opere e delle certificazioni. Ecco perché Dettori spera che vada a regime come provvedimento di politica industriale, cioè con una finestra un po’ più lunga: “nella conversione in legge, stiamo chiedendo lo spostamento dei termini a dicembre 2022, altrimenti questo sforzo potrebbe essere vanificato”.
Per quanto riguarda l’impatto della crisi sull’intero settore degli immobili, alcuni dati arrivano da Scenari Immobiliari, istituto indipendente di studi e ricerche. Nel 2019 il settore ha chiuso con un fatturato totale in crescita di circa quattro punti percentuali, oltre la media registrata dai principali cinque Paesi (3,6%), per circa 130 miliardi di euro. Ora, per la fine del 2020 e al netto dell’incertezza sull’andamento futuro dell’emergenza sanitaria, il mercato immobiliare nostrano perderà il 18% del suo fatturato, che totalizzerà 106 miliardi di euro. Si tratta di un calo in linea con il resto d’Europa, ma non per questo meno preoccupante.
Per Marco Daviddi, esperto del settore del real estate e transaction advisory services leader dell’area mediterranea di EY, il mercato immobiliare si articola in diversi cicli, ciascuno con peculiarità ben riconoscibili. E il Covid “può tranquillamente definirsi un elemento che fa iniziare un nuovo ciclo”. Nel dettaglio, a partire dagli anni Cinquanta questo sarebbe il sesto ciclo del mercato, che ha interrotto il costante trend di crescita in atto a partire dal livello minimo del 2013 fino all’inizio del lockdown. Per la prima volta nella storia del nostro Paese, all’aumento del numero di transazioni non è seguito un analogo trend di crescita dei prezzi, che solitamente salgono dopo un paio d’anni rispetto all’incremento delle transazioni. Ciò dipende specialmente dal fatto che, dalla crisi del 2008-2009, si è ridotta l’entità di nuovo prodotto residenziale portato sul mercato, in virtù di diversi fattori che hanno limitato notevolmente le attività di nuova costruzione e sviluppo.
Come conseguenza, il prodotto immobiliare usato è stato favorito rispetto al nuovo. Quest’ultimo ha registrato buone performance in città come Milano, Firenze, Bologna e Roma, mentre l’usato ha visto prezzi stabili o in calo, anche perché già da tempo dimostra spesso di non avere caratteristiche in linea con le attuali richieste sulle dimensioni e sulle prestazioni energetiche. Il Coronavirus avrà conseguenze certe sul mercato, dato che ha una correlazione molto elevata con il PIL, che quest’anno subirà un tracollo. Secondo Daviddi, “le famiglie comprano quando sono sicure”. “In periodi avversi si ha una contrazione del mercato e quindi anche dei prezzi”. Stando alle sue previsioni, presumibilmente ci sarà una “contrazione del numero di transazioni che sarà del 20-30% rispetto al 2019”. Anche se il discorso sui prezzi è complesso, appare certo che la crisi dovuta al Coronavirus avrà un impatto su quelli delle residenze, almeno quest’anno. Scenari Immobiliari prevede un calo del 2,1% a livello nazionale per dicembre, ma la situazione è più articolata se si guardano le città. Se in diversi casi nel corso del 2019 erano stati rilevati incrementi delle quotazioni medie, quasi ovunque la crisi riporta in territorio negativo le variazioni. Si pensi che anche Milano, Roma e Venezia torneranno a prezzi a crescita zero per la fine del 2020. Secondo l’istituto, invece, per il 2021 le attese restano incerte.
A causa del lockdown, afferma Daviddi, “ci siamo resi conto di quanto siano importanti molte caratteristiche delle nostre abitazioni, come la possibilità di avere un luogo per lavorare da casa e degli spazi esterni”. Ecco perché il prodotto nuovo, compresi gli immobili e i prodotti residenziali ristrutturati, troverà “terreno fertile e positivo”. Al contrario, le proprietà usate vedranno scendere il loro prezzo, specialmente nel caso in cui non abbiano le caratteristiche necessarie per affrontare le nuove necessitò emerse con l’epidemia. Perciò il mercato si polarizzerà. A livello tendenziale, nel nostro Paese negli ultimi due anni la riduzione media del valore dello stock residenziale usato è stata di due punti e mezzo all’anno.
Stando ai dati di Assoimpredil Ance, a Milano il mercato della domanda residenziale di nuova costruzione è molto vivace, mentre si è registrato un calo netto delle transazioni sull’usato tra marzo e aprile, di oltre il 70%. Per Dettori “c’è un rallentamento su tutte le transazioni”, dato che ciò che serve nelle compravendite è un clima di serenità che al momento non sussiste, sia che si acquisti un immobile nuovo che uno vecchio da ristrutturare. Se a Milano al momento permane l’interesse sugli immobili nuovi e tengono anche i prezzi, l’interesse sull’usato come abbiamo detto è di gran lunga più ridotto, probabilmente perché su questo tipo di abitazioni “ha ancora molto valore la visita fisica dell’immobile”, ostacolata dal lockdown e dalla pandemia. Alla luce di tutto questo, Dettori prevede che sarà un anno molto difficile.
Il cambiamento, sul piano delle preferenze degli italiani, sarà ancora maggiore. In particolare, verranno privilegiate case e villette con gli spazi giusti, nonostante siano lontane dai centri delle città. Magari potrebbe verificarsi una trasformazione dell’impatto della presenza di infrastrutture sul prezzo delle case, dato che per molte persone non sarà più necessario spostarsi quanto prima. Se fino ad ora è valsa la regola secondo cui più un immobile è vicino al centro e più vale, oggi con lo smart working si può ipotizzare che questa regola di prossimità venga meno. Invece, secondo Daviddi, ciò che rimarrà costante sarà il trend relativo agli affitti, da tempo in crescita, trainato da comportamenti tipici degli Stati Uniti e del Nord Europa. Quali? Una maggiore mobilità geografica e un mercato del lavoro più dinamico, specie sulle professioni più qualificate. Per i lavoratori di questo tipo “l’affitto diventa l’opzione più interessante” e questo trend sarà sempre più evidente rispetto al passato: ormai la nostra prospettiva vede la casa come prodotto di consumo, quando si cambiano spesso città e professione.
E per quanto riguarda il non residenziale? Qual è la situazione per uffici, centri commerciali, logistica, alberghi e grandi investimenti da parte di fondi e asset manager? Scenari Immobiliari rileva come la crescita dell’intero real estate ha potuto fare affidamento specialmente sul traino dei grandi investimenti. Nel dettaglio, quelli dall’estero nel 2019 hanno battuto tutti i record precedenti, con un valore di 12 miliardi di euro, una crescita del 37% rispetto al 2018 e del 6% rispetto al 2017. Quest’ultimo anno, in particolare, deteneva il precedente record con 11,2 miliardi di euro di investimenti. Oltretutto i fondi avevano anche ricominciato a investire sullo sviluppo residenziale. Oggi, con il Covid, centri commerciali e alberghi sono immobili per i quali non è facile prevedere grandi investimenti. Al contrario, il trend positivo sul residenziale come investimento continuerà, sempre per la futura domanda di immobili più in linea con le rinnovate esigenze della popolazione.
Per Daviddi è “difficilissimo fare delle stime” negli investimenti, ma “ci aspettiamo una riduzione minore del 20%”. Questo perché gli investitori hanno una visione di lungo periodo, a differenza del singolo che compra o che vende casa. Senza contare che la crisi dovuta al Coronavirus non è finanziaria ma legata ai consumi e la liquidità disponibile sui mercati è notevolmente elevata. Il fattore di rischio degli investimenti sugli immobili è sempre minore rispetto ad altri asset, ma nel tempo è comunque aumentato. “La crisi del 2008 e del 2009 ci ha aperto gli occhi”: mentre in precedenza si riteneva che il settore immobiliare fosse una cosa a sé, con un valore legato strettamente al metro quadro, finalmente si è capito che l’immobile vale in relazione al suo contenuto. “Se il contenuto all’interno soffre”, conclude Daviddi, “anche il valore del contenitore ne risente”.