Oltre 30mila aste rinviate per un totale di 3,7 miliardi.
Come ormai saprete, il nostro blog vi aggiorna puntualmente sulle novità relative al settore immobiliare. E oggi affrontiamo un argomento di tendenza riguardante un mercato che da diversi mesi risente, come molti altri, del Coronavirus. Quello delle aste immobiliari. Stando al sesto report realizzato dall’Osservatorio T6, il Tavolo di Studio sulle Esecuzioni Italiane, la sospensione dell’attività degli uffici giudiziari durante il lockdown ha avuto come effetto il rinvio di oltre 30mila aste, per un valore di quasi 3,7 miliardi di euro.
A questo dato se ne aggiunge un altro altrettanto preoccupante, relativo al primo semestre del 2020: il calo del 40% delle procedure di esecuzione immobiliare, ossia quelle che portano alla vendita dei beni del debitore e al rimborso, spesso parziale, dei creditori. Entrambi i fenomeni mostrano un quadro estremamente critico, che rischia di mettere in ginocchio un settore che aveva registrato diversi passi in avanti negli ultimi anni, ma che comunque era già caratterizzato da tempi molto lunghi: si pensi che nel 2019 la durata media dei procedimenti è stata di 4,6 anni e a fine anno risultavano ancora aperti più di 27mila fascicoli avviati oltre dieci anni prima.
Inoltre va considerato un altro fattore: la ripartenza autunnale non sarà affatto facile, dato che il mercato immobiliare si caratterizza per un andamento negativo, dovuto anche in questo caso alla crisi economica innescata dal Coronavirus. In particolare, l’ultimo rapporto della società di consulenza Nomisma segnala come nel 2020 i prezzi del residenziale scenderanno del 2,6%, mentre il calo delle compravendite sarà del 18%. In questo contesto la rapidità nella chiusura delle esecuzioni immobiliari si rivela essenziale per due ragioni: per consentire al creditore di ottenere il dovuto, totale o parziale, ma anche per fare in modo di recuperare liquidità e di reimmetterla nel sistema economico.
Secondo il presidente dell’Osservatorio T6 Stefano Scopigli, “se nulla cambia, i tribunali torneranno ad essere pienamente operativi dopo la metà di settembre e il Dl Cura Italia ha bloccato le procedure esecutive relative all’abitazione principale (che rappresentano il 50% dell’attività) fino al 30 ottobre 2020”. In breve, parliamo di 270 giorni di stop che determineranno un grave accumulo di arretrato. Perciò, alle 30.815 aste rinviate durante il lockdown dei tribunali si aggiungeranno le procedure sulla casa ferme fino al 30 ottobre. Oltretutto, l’arresto dell’attività giudiziaria ha ridotto anche le iscrizioni del 40%: nel primo semestre di quest’anno infatti le nuove procedure esecutive sono passate dalle 22.319 del 2019 alle 13.381 del 2020.
E per quanto riguarda il futuro? In prospettiva, il blocco porterà a un allungamento dei tempi e frenerà il processo virtuoso di riduzione delle pendenze innescato prima. Nel 2019 c’è stato un incremento della produttività dei tribunali, che hanno definito un numero di fascicoli superiore a quelli iscritti nell’anno. Questo ha portato a un calo degli arretrati pari al 14%, se si pensa che a fine del 2019 le pratiche da chiudere erano 204.602, contro le 239.869 di fine 2018.
Come abbiamo accennato, invece, la durata media dei procedimenti si allungata di cinque mesi, salendo da 4,2 a 4,6 anni, ossia da 1.538 a 16.88 giorni. Ma secondo l’Osservatorio T6 questo dato va letto insieme alla riduzione dell’arretrato e alla luce del sistema di calcolo usato per ottenerlo: “il nostro metodo è diverso da quello del Ministero e si basa sulla durata delle singole procedure chiuse nell’anno esaminato”, chiarisce Scopigli. Un metodo che perciò consente di calcolare i tempi della singola pratica, ma che è influenzato dalla definizione dei fascicoli più vecchi. In quest’ottica, l’aumento della durata può essere spiegato in modo più ottimistico con la grande quantità di procedimenti chiusi.
Ad ogni modo, esclusi alcuni tribunali che si distinguono per performance più positive, siamo ancora molto lontani dalla media europea, che è di tre anni. Infatti per il 13,4% delle 204.602 procedure aperte alla fine del 2019 e corrispondenti a oltre 27mila fascicoli, il percorso giudiziario per recuperare crediti problematici è iniziato oltre dieci anni fa. A onor del vero, però, la situazione varia da un tribunale all’altro. E le difficoltà maggiori si rilevano al Sud, se si pensa le pratiche sono ultradecennali a Potenza nel 51,8% dei casi, a Matera nel 43,3% e a Salerno nel 40,7%. Invece, tra i tribunali senza fascicoli con oltre dieci anni ci sono quelli di Rimini, Gorizia, Aosta, Bolzano e Napoli Nord. Un altro elemento che sottolinea la differenza tra Nord e Sud è la durata delle procedure: sempre secondo l’Osservatorio T6, i tribunali che vantano tempi più rapidi e in linea con i valori europei sono quelli del Centro-Nord. Infatti a Trieste per chiudere una procedura bastano due anni e cinque giorni, a Ferrara due anni e quarantuno giorni, mentre a Trento bastano due anni e mezzo.