La situazione è inedita e potenzialmente drammatica.
Benvenuti sul nostro blog, che questa settimana analizza il primo Rapporto sul Mercato Immobiliare 2020 della società di consulenza Nomisma. La presentazione del rapporto è avvenuta il 25 marzo in diretta streaming, a causa dell’emergenza coronavirus che sta cambiando radicalmente ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Ma veniamo subito alla dichiarazione sostanziale di Nomisma, secondo cui “il settore immobiliare italiano si trova a fronteggiare una situazione inedita e dalle conseguenze potenzialmente drammatiche”.
In generale la società sottolinea come, rispetto alla crisi del 2008 che colse molti impreparati, l’attuale ristagno generato dal coronavirus, anche se rapido, al momento ha lasciato uno spazio di intervento che ha consentito di limitarne la diffusione. E per favorire la ripresa bisogna sperare “in un sussulto di avvedutezza e lungimiranza” che permetta di mettere in atto misure non convenzionali su scala continentale. Perché il nemico più pericoloso per l’economia è l’impoverimento che scaturirà dall’inazione coatta e la finanza dovrà sostenere una domanda di credito più fragile.
Ma quali sono gli scenari tracciati da Nomisma? Secondo la società bolognese siamo di fronte a due diversi scenari recessivi. Quello più positivo prevede per il segmento corporate un arretramento cumulato a chiusura del prossimo triennio di 278mila transazioni residenziali, di cui 48,4mila nel 2020, oltre che 9,4 miliardi di euro di capitali investiti, di cui 2,6 miliardi nel 2020. Nell’ipotesi più pessimistica il tracollo ammonterebbe a ben -587mila unità, di cui 118,8mila nel 2020, e -18,3 miliardi di capitali investiti, di cui 5,8 miliardi nel 2020.
Per quanto riguarda il settore residenziale, Nomisma prevede nei prossimi due anni una perdita tra i 54,5 e i 113 miliardi di fatturato e, in particolare nel 2020, questa perdita è compresa tra i 9,2 e i 22,1 miliardi. Anche in riferimento ai prezzi le previsioni non sono rosee, in quanto nel biennio 2020-2021 potrebbero esserci flessioni medie comprese tra il -1,3% e il -4%. Per il 2022 si stima invece una flessione dei valori in timida attenuazione. In questo senso il settore immobiliare pagherà un tributo molto pesante, “nonostante la capacità di resistenza al deterioramento dell’economia dimostrata dal comparto prima della devastante ondata virale”.
Si tratta di un quadro in contrasto con i risultati positivi del 2019, confermati dall’incremento delle richieste di mutuo registrato nel primo bimestre di quest’anno, corrispondente al +32,4%. Se sul settore residenziale Nomisma prevede contraccolpi decisamente negativi, per gli immobili di impresa la situazione sarà ancora più critica, in quanto questi presenteranno un riflesso recessivo diretto e immediato. In questo ambito, nella seconda metà del 2019 l’attività transattiva aveva prodotto una crescita del +5,3%, con il segmento commerciale attestato al +6%. Con 600mila transazioni residenziali e un fatturato stimabile in 98,3 miliardi nel 2019, questo mercato sembrava confermare una ripresa che a tutt’oggi invece è fortemente a rischio.
Passando agli investimenti immobiliari corporate, complessi cielo-terra con un valore superiore ai 5 milioni di euro, la situazione appare più controversa, considerato il loro dinamismo eclatante dimostrato fino a poche settimane prima dello scoppio del coronavirus: nel 2019 gli investimenti corporate nel comparto hanno raggiunto l’ammontare record di 12,3 miliardi. Per la società bolognese “il brusco rallentamento economico della locomotiva avrà effetti più marcati sull’immobiliare corporate del nostro Paese rispetto a quanto sarebbe scaturito da una debolezza di entità analoga ma maggiormente diffusa”. Inoltre andrà considerata la futura propensione delle famiglie che tenderanno a risparmiare di più per cautelarsi nei confronti di ulteriori rovesci economici.